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Spirito Santo

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Corpus Domini

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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.

Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità.

Maria SS. di Montevergine

S. Ignazio di Loyola

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S. Rita

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S. Lucia

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Camminiamo sulla strada

lunedì 16 gennaio 2012

Santi Berardo, Otone, Pietro, Accursio e Adiuto Protomartiri dell’Ordine dei Frati Minori

Santi Berardo, Otone, Pietro, Accursio e Adiuto Protomartiri
dell’Ordine dei Frati Minori
16 gennaio
Marrakech (Marocco), 16 gennaio 1220


Berardo, Otone, Pietro, Accursio e Adiuto furono i primi missionari inviati da San Francesco nelle terre dei Saraceni. Giunti nella Spagna, sprezzanti del pericolo, cominciarono a predicare la fede di Cristo nelle Moschee. Condotti dinanzi al Sultano e imprigionati, e poi trasferiti nel Marocco con l’ordine di non predicare più il nome di Cristo, continuarono con estremo coraggio ad annunciare il Vangelo. Per questo furono crudelmente torturati e, infine, decapitati il 16 gennaio 1220 per ordine del principe dei Mori. All’annuncio del glorioso martirio, san Francesco esclamò: “Ora posso dire con sicurezza di avere cinque Frati Minori”. Furono canonizzati dal papa francescano Sisto IV nel 1481.

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domenica 15 gennaio 2012

Beato Odorico da Pordenone

Odorico da Pordenone, al secolo Odorico Mattiussi o Mattiuzzi  
Villanova di Pordenone, 1265 – Udine, 14 gennaio 1331
è stato un  sacerdote e religioso dell’Ordine francescano dei  Frati Minori, beatificato nel 1755. Ha vestito l’abito di san Francesco in età giovanissima, e per qualche tempo ha condotto vita eremitica. A 25 anni Odorico viene ordinato sacerdote in Udine, ma non ha mai voluto “promozioni”. Si dedica volentieri all’attività missionaria in alcune regioni mediterranee, finché i superiori lo richiamano a Udine. Viene descritto come buon predicatore, ma poco sappiamo dei suoi anni giovanili. Per i Francescani dell’epoca, la Cina è qualcosa di remotissimo, come d’altronde lo è per tutti gli europei; ma è anche qualcosa di familiare, perché alla fine del Duecento il francescano Giovanni da Montecorvino vi ha fondato la prima comunità cristiana a Khanbaliq (che poi prenderà il nome di Pechino). E per la Cina ecco dunque partire anche frate Odorico. Un viaggio di anni, per mare e per terra, che si conclude a Khanbaliq, dove egli depone le reliquie dei martiri, appena arrivato. Per tre anni rimane poi in Cina, dedicandosi a una delle chiese fondate da Giovanni da Montecorvino. Riparte infine per l’Italia, passando per il Tibet. E ricompare a Venezia nel 1330. Ha percorso una distanza complessiva che supera la circonferenza dell’intera terra.
 Ma da questo momento in poi le notizie su di lui si fanno scarse. Impiega un certo tempo a dettare la relazione del suo viaggio, che avrà una fama larghissima. Però si sa poco di quest’ultimo periodo della sua vita, che sembra trascorrere nell’ombra. L’unica sua iniziativa di grande importanza non gli riesce più. Voleva andare dal Papa, che era Giovanni XXII e si trovava ad Avignone: un viaggio ben da poco per uno come lui. Ma il suo fisico è ormai spossato. Non arriverà mai a vedere il Papa, non potrà mai esortarlo a mandare in Cina altri missionari.
Il suo viaggio si interrompe a Pisa: non ce la fa più. Cade ammalato e faticosamente torna ad avviarsi verso il Friuli. Fa una sosta ancora a Padova, ed eccolo infine ricoverato nel convento udinese di San Francesco. Qui frate Odorico si spegne, subito venerato come operatore di miracoli. Ma solo nel 1755 un Pontefice (Benedetto XIV) sanzionerà il culto per lui, col titolo di beato. I suoi resti sono stati collocati nella chiesa udinese della Madonna del Carmelo. Domenico Agasso
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Il beato Odorico da Pordenone ha toccato anche le Filippine nel suo viaggio verso la Cina e sull’isola di Luzon ha celebrato una santa messa, la prima celebrata nell’arcipelago, addirittura quasi duecento anni prima di quanto riportano i testi ufficiali. La notizia non soltanto illumina di nuova luce il viaggio del missionario il cui corpo riposa a Udine, ma potrebbe anche influire nella causa di canonizzazione in corso che potrebbe far diventare santo colui che è già beato.
A scoprire questo suo sbarco nelle Filippine è stato l’udinese padre Luigi Malamocco, missionario stimmatino, che sabato 22 settembre di quest'anno è salito su un pullmino con alcune suore dell’ordine delle figlie di San Francesco di Sales, accompagnate dalla loro superiora, italiana anch’essa, per dirigersi verso il paese di Bolinao, a poco meno di 300 chilometri da Manila verso il nord-nordovest dell'isola di Luzon.
Le suore avevano avuto la promessa di poter fondare una comunità di aiuto parrocchiale nella parrocchia di Bolinao, avevano già contattato il vescovo della diocesi di Alaminos, da cui Bolinao dipende ed erano state finalmente invitate dal parroco di Bolinao di andarlo a trovare per verificare le possibilità di fondare questa comunità di carità e apostolato.
«La strada – racconta padre Malamocco – è molto buona e all’inizio passa vicino al vulcano Pinatubo che dieci anni fa ha eruttato coprendo di lava e cenere una zona molto vasta.
Adesso il suo cratere è allagato, ma il vulcano è sempre sotto osservazione. Poi abbiamo superato Tarlac e siamo arrivati ad Alaminos dove, però, il vescovo era momentaneamente assente. La zona è famoso anche dal punto di vista turistico perché si affaccia sul golfo di Lingaien, famoso perché è trapuntato dalle Hundred Islands, che sono più di cento isolette e scogli che creano un ricamo stupendo.
Da lì siamo arrivati alla penisola che termina con il paese di Bolinao che conta circa 50 mila abitanti e che si affaccia sul Mare cinese meridionale che separa le Filippine dal continente asiatico e che è caratterizzato da tempeste furiose e violentissime, furiose. Bolinao prende il suo nome da un pesce locale, piccolino, molto diffuso, che è il pasto principale quotidiano della comunità di pescatori che forma la maggior parte della popolazione che è poverissima».
«Scendiamo – continua padre Malamocco – e vado con le suore nella parrocchia che è formata da una chiesa antica, del Seicento, costruita con l’inconfondibile stile dell’architettura spagnola. Il parroco è un filippino molto giovane e la canonica in cui vive, accanto alla chiesa, è di legno, davvero di estrema povertà. Mi presento come sacerdote italiano e lui mi invita con orgoglio a dare un’occhiata a un fascicolo nel quale è stampata la storia della parrocchia di Bolinao con tutto l’elenco dei parrochi che si sono succeduti dal 1630 a oggi.
Ma la cosa che mi lascia stupefatto è una data che anticipa tutte le altre e che è anche visivamente staccata. È il 1324 e accanto a questa data c’è scritto in inglese: “Un certo padre Oderich from Italy è arrivato in queste nostre coste di Bolinao: per paura della tempesta, la nave su cui viaggiava si è riparata in questo porto. Questo padre è sceso e ha celebrato la santa messa per gli indigeni di allora”. Si tratta di poche mote, ma io sento un colpo al cuore perché capisco che si tratta nientemeno che del beato Odorico da Pordenone. Tutto combacia sia per il nome, sia perché dall’Italia in quegli anni nessun altro era andato da quelle parti».
È una combinazione straordinaria e padre Malamocco non manca di sottolinearla: «Sono meravigliato e commosso nel sapere che sulla stessa terra su cui sto camminando 777 anni prima è arrivato il beato Odorico, e che anch’io, come lui, sono un prete che arriva da Udine, dalla città che custodisce gelosamente e orgogliosamente le sue reliquie».
I dubbi residui si sciolgono quando, tornato a Udine e recatosi nella chiesa del Carmine, padre Malamocco controlla le date della vita del beato Odorico da Pordenone e tutto corrisponde. Si racconta, infatti, che partì da Udine nel 1321 e che con la sua nave passò attraverso il braccio di mare che separa le Filippine dalla Cina. Quindi è possibile che dopo tre anni di viaggio Odorico si sia trovato dalle parti di Bolinao ed è anche possibile che la nave su cui viaggiava abbia riparato a Bolinao per paura delle tempeste di quel mare.
Capo Bolinao, tra l’altro è conosciuto anche per altri accadimenti. «Questo – dice padre Malamocco – è il punto da cui il 10 giugno 1636 è partito il primo santo filippino, il gesuita San Lorenzo Ruiz, su una champan, la tipica imbarcazione cinese, con una ventina di domenicani verso il Giappone. Ma lì furono tutti trucidati e morirono da martiri. Partirono da Bolinao perché le autorità spagnole avevano proibito le partenze da Manila perché sapevano che chiunque arrivava sulle coste giapponesi era subito ucciso. Ma a Bolinao tornarono quasi subito, prima della partenza definitiva, perché era scoppiato un uragano e la navicella correva il rischio di rovesciarsi e di affondare. Quindi Bolinao poteva essere stato anche per Odorico un approdo di salvezza».
Il nome di Bolinao ricorre anche nella storia dei pirati cinesi che spesso sbarcavano su queste coste per poi dilagare sulla parte occidentale dell'isola di Luzon scendendo verso Manila. «Il 20 maggio 1572 – ricorda il missionario udinese – Juan de Salcedo fu inviato da suo zio, Miguel de Legaspi, governatore di Manila, a colonizzare le coste filippine. Arrivati a capo Bolinao, lasciarono le imbarcazioni e proseguirono a piedi. Gli esploratori lo avvisarono: Capitano, abbiamo avvistato vicino alla costa una grossa nave. I cinesi hanno catturato parecchi indigeni e senza dubbio si apprestano a portarli nella loro terra per farne degli schiavi. Salcedo intervenne, sbaragliò i pirati cinesi e poi andò verso Vigan dove morì».
Ma c’è un'altra cosa importante che padre Malamocco vuole mettere in rilievo: «Finora si è sempre creduto che la prima santa messa in questo arcipelago fosse stata celebrata – come raccontò il vicentino Antonio Pigafetta, storiografo della spedizione che completò il primo giro del mondo – da padre Pedro de Valderrama, un frate che faceva parte della spedizione di Magellano, sulla spiaggia dell'isoletta di Limasawa, accanto all'isola di Samar il 31 marzo 1521, domenica di Pasqua. Se è vero quanto ho trovato scritto sul beato Odorico, bisognerebbe retrodatare l'orologio che parte dalla data della prima messa di quasi duecento anni. Più di uno storico filippino aveva già detto che alcuni missionari fossero sbarcati qua e là prima di Magellano, arrivando dalle parti di Goa, o da Macao.
Quindi siamo sulle rotte degli spagnoli che nel Seicento andavano a conquistare le isole di quella parte del mondo dove Magellano era morto sull’isola di Sebu, ucciso da Lapu Lapu che oggi è considerato il più grande eroe nazionale, perché ha ridotto gli spagnoli sulla difensiva per un po’ di tempo».
Una notizia che cambia la storia di Odorico da Pordenone, ma che è importantissima anche per padre Malamocco che sottolinea: «Ho provato meraviglia e commozione perché questo ritrovamento è stato per me importantissimo, sia come sacerdote, sia come udinese. Quando sono tornato a Udine, sono andato al Carmine a pregare davanti all'urna del beato Odorico e nella preghiera, appoggiando la mano sul sepolcro, ho detto: Tanti saluti, beato Odorico, da Bolinao. E sono convinto che lui ha capito di cosa stavo parlando».
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E’ in corso il processo di canonizzazione
Può diventare santo

Dopo Paolino d’Aquileia e dopo Luigi Scrosoppi, è in corso la causa per essere elevato all’onore degli altari anche per un altro personaggio della nostra terra: il già beato Odorico da Pordenone dell'ordine dei francescani.
La strada di Odorico verso la santità cominciò l'anno dopo la sua morte, avvenuta nel gennaio del 1331 nel convento francescano di Udine, quando l'allora patriarca di Aquileia, Pagano della Torre, istituì una commissione per svolgere un'indagine sui numerosissimi miracoli che si diceva continuassero a verificarsi sulla tomba di Odorico, le cui spoglie sono ora conservate in un'arca funebre nella chiesa del Carmine a Udine.
Lo scopo dell'inchiesta era la beatificazione che, a causa della morte del patriarca e della poco decisa azione dell'ordine cui Odorico apparteneva, fu proclamata, solo a distanza di secoli, da Benedetto XIV nel 1755.
«Frate Odorico non era alto di statura, e aveva il volto pallido per i rigori dell'ascesi; una barba gli scendeva dal mento, dividendosi poi in due corni, rossastra, ma con venature di bianco. Era santo per vita, ricco per preghiera, pacato nel parlare, umile in tutto ciò che faceva». Questa, a quanto si sa, è l'unica descrizione di Odorico da Pordenone e si legge in due manoscritti, che riportano la relazione del suo viaggio in Oriente.
La fama che circondava Odorico al momento della morte doveva essere certo legata, oltre che alla condotta di vita esemplare, allo straordinario viaggio compiuto, nella prima metà del Trecento, in Persia, India e Cina, giunto fino a noi in un resoconto, che comunemente è conosciuto con il nome di Relatio. Il racconto ebbe una fortuna straordinaria, dovuta, oltre all'interesse del contenuto e alla facilità di lettura, alla notorietà dell'autore e alla sua fama di santità.
L'opera rappresenta una delle più interessanti e popolari narrazioni del genere del basso medioevo. Gli scopi del viaggio sembrano essere stati esclusivamente missionari, perché in nessun punto del racconto Odorico si comporta come un ambasciatore e diplomatico.
Molti degli episodi narrati nella Relatio appaiono inediti anche rispetto a quelli riferiti in precedenti resoconti di viaggio, come quello di Marco Polo. Odorico, cresciuto nel Veneto trecentesco, terra di mercanti e imprenditori, è attento alle notazioni di carattere commerciale, segnalando i migliori prodotti e il loro costo, citando i mezzi di trasporto e i mezzi di pagamento. Descrive anche le tradizioni e i costumi delle popolazioni che incontra, confrontandole con quelle della sua patria. L'aura magica delle terre d'Oriente e la straordinaria personalità di Odorico hanno contribuito a rendere la Relatio un best seller della letteratura di viaggio del medioevo.
A.S. ----------
Da Venezia alla Cina e ritorno in dieci anni
Sulle orme di Marco Polo

di OTTORINO BURELLI
Contemporaneo di Dante Alighieri, partecipe di un tempo in cui la cristianità presenta inquietudini e contraddizioni, certamente coinvolto dai movimenti mistici e di rinnovamento che gli ordini religiosi stavano diffondendo in una cultura ancora medievale, con la curiosità di notizie che venivano dalle prime esplorazioni di missionari nell’Estremo Oriente, un friulano si colloca come protagonista di un avvicinamento assolutamente nuovo tra due mondi: l’Europa e l’Asia.
Odorico da Pordenone è l’uomo che nel Trecento rappresenta una scoperta fondamentale di Paesi, fino allora relegati nella fantasia collettiva, appena preceduto dal Milione di Marco Polo.
Nato certamente a Villanova di Pordenone verso il 1265, da una famiglia Mattiussi, presenta poche certezze biografiche, anche se le date fondamentali della sua vita non possono essere messe in discussione: entrato molto giovane nell’ordine francescano, viene mandato – verso la fine del Duecento – nel Mediterraneo orientale per una prima missione, toccando poi, agli inizi del nuovo secolo, i Balcani, l’Ungheria e la Polonia.
La vera ed esaltante esperienza di Odorico ha inizio con la sua partenza – da Venezia – per Costantinopoli: tutto fa pensare che sia avvenuta verso il 1318.
Una peregrinazione che dura oltre dieci anni e che si snoda in un percorso articolato e non sempre del tutto decifrabile con esattezza, dal Mar Nero a Bombay, attraversando l’attuale Iraq, per arrivare poi a Giava, costeggiare la penisola indiana toccando porti e isole e attraversare l’Oceano Indiano fino alle isole dell’arcipelago della Sonda.
Un itinerario segnato da estreme difficoltà, da scoperte, da incidenti e fortunose esperienze. A Pechino – dove da poco era morto il Kubilai Khan di cui aveva abbondantemente scritto Marco Polo – Odorico entrò a corte, accolto con discreta cordialità, anche per quello scambio di conoscenze che gli imperatori cinesi apprezzavano nella presenza dei missionari europei.
Lo si ritrova a Pisa nel 1330 ed è documentata la sua presenza in quella città, dopo un viaggio di ritorno che si sviluppò via terra, discendendo da Pechino, toccando la Persia, l’Armenia e diretto ad Avignone per incontrare Papa Giovanni XXII.
Ma in Italia le sue condizioni di salute si fecero precarie ed ebbe il tempo di comporre, dettandole, le sue memorie: Descriptio terrarum, o Itinerarium. Sono la sintesi di quanto ha potuto vedere, annotare, osservare il frate-esploratore in quasi vent’anni di viaggi in Paesi sconosciuti.
Odorico morì nel 1331 a Udine, dove ancora riposa all’interno della chiesa del Carmine, in via Aquileia, e fu subito venerato come santo.

sabato 14 gennaio 2012

S. Pio da Pietrelcina

Francesco Forgione. Nato il 25 maggio 1887, visse la sua infanzia e adolescenza serena e tranquilla in una onesta famiglia contadina. Entrò nel noviziato cappuccino di Morcone il 22 gennaio 1903 e si chiamò fra Pio. Ordinato sacerdote il 10 agosto 1910 a Benevento, restò fra i suoi, per motivi di salute, fino al 1916. Nel settembre dello stesso anno andò al convento di San Giovanni Rotondo e vi rimase fino alla morte. I carismi, in particolar modo le stimmate, di cui Dio arricchì la vita di Padre Pio, richiamarono l'attenzione dell'autorità ecclesiastica e provocarono interventi del S. Offizio, che comandò il suo trasferimento da San Giovanni Rotondo, affermando «non constare della soprannaturalità dei fatti a lui attribuiti» e gli vietò ogni esercizio di ministero, eccetto la messa, da poter celebrare privatamente nella cappella interna del convento.
Fin da giovane Padre Pio comprese che doveva colmare insieme a Gesù lo spazio che separa gli uomini da Dio. Attuò questo programma con tre mezzi: la direzione delle anime, la confessione sacramentale, la celebrazione della messa. Dai quattro volumi del suo carteggio si può cogliere la statura dell'esperto direttore di anime, che fermamente vive e fa vivere le verità fondamentali della fede. Confessarsi da Padre Pio non era impresa facile e con la prospettiva di un incontro non sempre carezzevole, eppure il suo confessionale era sempre assiepato. Ma il momento più esaltante dell'attività apostolica di Padre Pio era quello della santa messa. Le centinaia di migliaia che l'hanno ascoltata hanno percepito in essa il vertice e la pienezza della sua spiritualità. Quell'intenso ministero sacerdotale richiamò intorno al primo sacerdote stigmatizzato una «clientela mondiale» (Paolo VI), che si muoveva da tutti gli angoli della terra per avvicinarlo, oppure affidare a innumerevoli lettere il proprio carico di problemi, materiali e spirituali. L'immagine di Padre Pio è inseparabile dalla corona del Rosario: segno della sua indicibile tenerezza filiale verso la Madre di Gesù, «al quale si sentiva legato per mezzo di questa Madre». «Divorato dall'amore di Dio e dall'amore del prossimo», egli visse sino in fondo la sua «vocazione a corredimere» l'umanità, secondo la speciale missione che caratterizzò tutta la sua vita.
Sul piano sociale, Padre Pio si impegnò molto per sollevare dolori e miserie di tante famiglie, principalmente con la fondazione della «Casa Sollievo della Sofferenza», inaugurata il 5 maggio 1956. Nel settore spirituale fondò i «gruppi di preghiera», «vivai di fede, focolai di amore» (Padre Pio), «grande fiume di persone che pregano» (Paolo VI).
Il sereno transito di Padre Pio avvenne il 23 settembre 1968. (È stato beatificato il 2 maggio 1999 e canonizzato il 16 giugno 2002).
Padre Alessandro da Ripabottoni
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