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Nel Corpo e nel Sangue di Gesù

Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.

Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità.

Maria SS. di Montevergine

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Camminiamo sulla strada

domenica 23 agosto 2009

Don Oreste Benzi

Infaticabile

apostolo della carità a favore

degli ultimi e degli indifesi

Uno sguardo essenziale e sintetico sulla vita di don Oreste Benzi

Dall'infanzia all'ordinazione sacerdotale.
Don Oreste Benzi nasce il 7 settembre 1925 a Sant'Andrea in Casale, una frazione del Comune di San Clemente, paesino sulle prime colline dell'entroterra romagnolo a pochi chilometri da Rimini e dal mare. È settimo di nove figli in una povera famiglia di operai.
Suo padre, Achille, mutilato della grande guerra, faceva saltuariamente l'operaio o il bracciante a giornata. "Il babbo era una persona molto buona con un grande sentimento di Dio ed elevato senso morale, però non era praticante prima della mia entrata in seminario. A volte quel poco cibo che si portava al lavoro lo riportava a casa la sera. Noi gli andavamo incontro sulla strada principale e facevamo festa intorno a lui". Frequenti erano i periodi di disoccupazione e la numerosa famiglia faceva fatica a tirare avanti, conoscendo anche la fame. "Il babbo in quei periodi andava tutti i giorni a cercare lavoro. Per lui era un incubo tornare a casa e dire "Non l'ho trovato". Sono i ricordi più dolorosi della mia vita".
Sua madre, Rosa Silvagni, era invece una donna piena di fede e svolgeva il lavoro di casalinga esigendo la collaborazione da tutti i figli. "Mia madre ci ha insegnato a pregare: la domenica mattina si alzava presto per andare a Messa. Era una donna instancabile, cantava sempre e non si scoraggiava mai". La famiglia aveva anche un piccolo campo che coltivava a grano, risorsa molto importante nei periodi di disoccupazione del padre."Ci si alzava presto al mattino e si viveva nella gioia in una grande povertà. Il babbo e la mamma erano la sicurezza piena e la garanzia del nostro cammino".
In prima elementare fu bocciato a causa delle cagionevoli condizioni di salute. "Avevo preso il morbillo. Sono stato malaticcio per tutto l'inverno e, non potendo andare a scuola, mi hanno fatto ripetere. Per me è stata una sofferenza grande, un'ingiustizia". Questo fatto anziché avvilirlo lo fece reagire, invogliandolo a combattere le ingiustizie e superare le sconfitte, impegno al quale non si è mai più sottratto. Un giorno, in seconda elementare, la sua maestra, Olga Baldani, parlò in classe di tre figure umane: lo scienziato, il sacerdote e l'esploratore. Rimase molto colpito da quella lezione. "Non so cosa avessi capito, avevo solo 7 anni, però quel giorno sono tornato casa e ho detto: mamma, io mi faccio prete". Fu una decisione irremovibile a cui rimase sempre fedele senza mai alcuna incertezza o esitazione.
Appena gli fu possibile, nel 1937 all'età di 12 anni, entra in seminario, prima ad Urbino poi a Rimini per frequentare quarta e quinta ginnasio. Nel 1943 si trasferì al seminario di Bologna a frequentare la prima liceo, perché Rimini era sotto bombardamento alleato. Il seminario di Rimini venne infatti distrutto e trasferito a Montefiore Conca. Fu lì che completò gli studi teologici, perché anche il seminario di Bologna venne chiuso a causa della guerra.
Il 29 giugno 1949 don Oreste Benzi riceve l'ordinazione sacerdotale dalle mani del vescovo di Rimini Mons. Luigi Santa e pochi giorni dopo, il 5 luglio, viene nominato cappellano nella parrocchia di San Nicolò al Porto dove rimase per 16 mesi. Riuscì, in questo breve periodo, a coinvolgere tantissimi ragazzi della parrocchia creando con loro una relazione intensa.

L'impegno tra i giovani.

Nell'ottobre 1950 don Oreste si trasferisce nuovamente in seminario, con l'incarico di insegnare francese, italiano, latino e matematica. I ragazzi della parrocchia San Nicolò continuano però a frequentarlo riconoscendo in lui una guida.
Don Oreste fin da giovane seminarista desiderava partire per la missione. A causa delle cagionevoli condizioni di salute gli viene consigliato dal suo padre spirituale di rinviare la partenza a quando avesse ricevuto l'ordinazione sacerdotale. Ritornato al seminario diocesano come insegnante, viene però nominato vice assistente della Gioventù Cattolica di Rimini di cui diventerà poi assistente nel 1952. Nel 1953 diviene direttore spirituale in seminario per i giovani nella fascia d'età fra i 12 e i 17 anni. Il sogno di partire per la missione è perciò definitivamente abbandonato.
Nel1953 don Oreste inizia ad insegnare religione fuori dal seminario: la sua prima esperienza è alla Scuola Agraria "San Giovanni Bosco" di Rimini frequentata dai preadolescenti nei tre anni successivi alle elementari. Insegnerà poi al liceo classico "Giulio Cesare" e al liceo scientifico "Serpieri" di Rimini e nel 1969 al liceo scientifico "A. Volta" di Riccione.
Dal momento in cui riceve l'ordinazione, don Oreste si ritrova a svolgere il suo compito di sacerdote accanto ai giovani. Intuisce e capisce l'importanza di essere vicino ai preadolescenti e ai ragazzi ed inizia un intensissima presenza insieme a loro. Nel 1954 lascia l'incarico di assistente della Gioventù Cattolica per dedicarsi completamente al ruolo di direttore spirituale in seminario, ma non abbandona i ragazzi che ormai l'avevano incontrato. Ogni sabato li riceve dalla mattina fino a notte. Vanno da lui a confessarsi fino a una settantina di giovani ogni sabato. "È nella preadolescenza che si formano i valori pressoché definitivi. Io vedevo che i ragazzi si scontravano con tanti disvalori e non si incontravano con l'unico valore, Cristo. Bisognava perciò fare aver loro, e specialmente ai ragazzi lontani dalle parrocchie, un incontro simpatico con Cristo". Da questa intuizione nascerà, alcuni anni dopo, nel 1961, la casa "Madonna delle Vette" ad Alba di Canazei in cui sono passati ormai migliaia di ragazzi. " Nel 1955 andai sulle Dolomiti, ospite di un amico per motivi di salute. Mi trovavo sul Catinaccio. Vedevo che l'ambiente aiutava a spaziare verso l'infinito, quel "no limits" di cui hanno tanto bisogno gli adolescenti. In mezzo a quelle montagne mi son detto: qui bisogna fare qualcosa per gli adolescenti! Quando progettammo questa esperienza ancora non esisteva niente di simile".
Per acquistare il terreno in Val di Fassa sul quale costruire la "casa", occorrevano tre milioni di lire. Il progetto fu affidato ad un famoso architetto e la sua realizzazione completa prevedeva 120 milioni, una cifra enorme per quel periodo. Don Oreste decise di chiedere al vescovo di Rimini il permesso di fare un viaggio negli Stati Uniti per iniziare a raccogliere i fondi necessari. Il vescovo è d'accordo. Nel frattempo una banca riminese gli concede un prestito di dieci milioni. Don Oreste con fede e affidandosi a Maria, provvede all'acquisto del terreno e all'avvio della costruzione. Nell'agosto 1958 si depone la prima pietra, presente mons. Emilio Bianchieri, il vescovo di Rimini. Dieci giorni dopo don Oreste parte in nave per gli Stati Uniti assieme ad un seminarista. Con molte peripezie e rischi, riesce a raccogliere i primi nove milioni. In seguito don Oreste fa un secondo viaggio negli USA con don Sisto Ceccarini. Vanno dal vescovo di Boston. "Mi chiese quanto mi occorreva. Io dissi la cifra necessaria per costruire il grezzo dell'edificio: ventidue milioni, trentacinquemila dollari. Me li portò lui stesso in Italia. Con quei soldi costruimmo il grezzo. Il resto venne dalla Provvidenza, finché nel 1961 inaugurammo la casa".
Da allora in poi alla casa "Madonna delle Vette" di Alba di Canazei si organizzano soggiorni estivi a cui parteciperanno diverse centinaia di ragazzi ogni anno, molti dei quali provenienti da bande o gruppi lontani dalla Chiesa.
Nel 1968 ci fu una svolta importante: a Rimini in marzo, si aprì un istituto per persone con handicap gravi e gravissimi fra cui anche molti giovani. Don Oreste iniziò a frequentarlo, creando un legame con queste persone. "Mi dissi: perché gli adolescenti possono andare sulle vette delle Dolomiti e gli handicappati no? Dove siamo noi, li anche loro!" A maggio va ad incontrare i 50 minori ospiti del centro discinetici dell'ospedale Rizzoli di Bologna e alla suora direttrice del centro, propone di portarli sulle Dolomiti. Don Oreste insegnava al liceo scientifico. Per l'estate 1968 fa ai suoi studenti una precisa proposta: "Diamo una vacanza a chi non l'ha". In tanti aderirono e così, a settembre, si fece il primo soggiorno estivo a Canazei, diretto da don Elio Piccari, in cui insieme ai ragazzi normodotati c'erano anche numerosi disabili.
Il direttore dell'azienda di soggiorno voleva mandare via tutti per non dare una brutta immagine della Val di Fassa. Don Oreste citando la costituzione si rifiuta. "Quella vacanza ci tolse le cateratte dagli occhi. Capimmo che l'handicappato non è un oggetto di assistenza, ma una ricchezza che crea vita, un soggetto attivo nella costruzione della storia."
Da quel momento in poi don Oreste si è sempre impegnato per portare i ragazzi disabili in qualsiasi ambiente normale di vita, fu l'inizio della lotta per la deistituzionalizzazione e per il loro inserimento lavorativo. Il gruppo di giovani liceali che partecipò a quel soggiorno estivo divenne invece la base dell'attuale Comunità Papa Giovanni XXIII.
Nel 1968 l'impegno sacerdotale di don Oreste si apriva verso una nuova esperienza: la parrocchia. Per questo motivo nel 1969 termina il suo incarico di direttore spirituale in seminario.

Spiritualità e Vocazione
I principali aspetti che caratterizzano la Spiritualità e la specifica Vocazione della Comunità Papa Giovanni XXIII
Premessa: è molto difficile sintetizzare in poche righe il carisma specifico della Comunità Papa Giovanni XXIII e quanto è contenuto nei suoi documenti fondanti. Per ulteriori approfondimenti, si rimanda perciò alla lettura della
Carta di Fondazione, dello Statuto e del Direttorio. Quest'ultimo è ancora in versione non definitiva. Pubblichiamo anche una raccolta di scritti di don Oreste Benzi, inizialmente solo ad uso interno, in cui approfondisce ulteriormente le Sorgenti della nostra Vocazione.

Verso il Riconoscimento Pontificio
Le intuizioni ed i percorsi che hanno portato la Comunità Papa Giovanni XXIII ad essere ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa

L'accoglienza
Per essere più vicini agli ultimi, ai poveri ed emarginati dalla società, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha ideato e realizzato strutture diversificate di accoglienza e condivisione di vita, che pur sempre ispirandosi alla metodologia della Casa Famiglia ne differiscono per tanti particolari.

La Casa Famiglia
Che cos'è, come funziona e di cosa si occupa una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII

Ambiti d'intervento
L'impegno verso minori, giovani, adulti e in altre situazioni d'emergenza

CONTINUA:::::::::::::::::::

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