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Ciascun uomo possa "sentire e gustare" la presenza di Gesù e Maria, SS. Madre della Pentecoste, nella propria vita, in ogni attimo della propria giornata.

Nello Splendore della Resurrezione del Signore l'uomo trovi la sua vera dimensione e riesca ad esprimerla con Amore e Carità.

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giovedì 1 luglio 2010

Il Santo del mese : Beato Antonio Rosmini

1 luglio: Beato ANTONIO ROSMINI (1797-1855), sacerdote e filosofo
ANDARE A DIO
CON LA RAGIONE E CON LA FEDE

È rimasto famoso l’incipit della Enciclica di Giovanni Paolo II del 1998 dal titolo Fides et Ratio. Scriveva il Papa: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità, e in definitiva di conoscere lui...”.
È un documento che vuole affrontare il multi secolare problema dei rapporti tra fede e ragione. Problema sentito lungo i secoli, ma, dopo l’Illuminismo ancora maggiormente e più urgentemente, proprio perché questo ha proclamato la Ragione umana la caratteristica vertice dell’uomo stesso (che lo ha affrancato da ogni subalternità, anche da Dio) a scapito della Rivelazione.
In questo dibattito secolare un posto di grande rilievo, nell’era moderna, spetta proprio ad Antonio Rosmini.

È certamente una delle figure più eminenti e significative (ancora oggi) dell’800 italiano. Nel panorama della cultura italiana di quel secolo si pone assieme al Manzoni (di cui fu grande amico), al Leopardi e al Foscolo. Egli infatti fu un gigante della cultura: non solo filosofo, ma anche pedagogo, giurista, teorico della politica. Ha lavorato anche lui (non certo solo Cavour, Garibaldi, Mazzini...) per il Risorgimento e per l’unità dell’Italia. Unità che lui (come anche Gioberti) aveva intuito sarebbe stato meglio di tipo federale (e aveva ragione). Fu anche un profeta, un apostolo della fede ed un mistico. Certe sue intuizioni sulla Chiesa lui le ebbe cento anni prima del Vaticano II.

Ma non solo il Rosmini è stato un uomo di grande cultura (secondo il teologo Urs von Balthasar è stato “uno degli ultimi geni universali dell’umanità”), ma è stato anche un santo nel suo pensare e nel suo agire, nel suo vivere e nel suo morire. Ed è per questo che la Chiesa ha sancito questa sua santità proclamandolo Beato il 18 novembre 2007. Il Card. Josè Martins nell’occasione ha detto: “La sua santità, certamente, aiuterà a recuperare l’amicizia tra ragione e fede, fra religione comportamento etico e servizio pubblico dei cristiani... L’abate Rosmini visse una vita teologale, in cui la fede implicava la speranza e la carità, con un dialogo d’amore confidente nella Provvidenza”.
È proprio vero che il tempo guarisce tutto, anche se qualche volta ci impiega molto... tempo. Il Nostro infatti è stato beatificato il 18 novembre 2007, esattamente 175 anni da quel 18 novembre 1832 quando egli cominciò a scrivere il suo più famoso, più discusso (e condannato) volume dal titolo: Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. Libro tanto profetico che non fu capito subito. Ma molto tempo dopo.

La sua missione: fare la carità intellettuale

Antonio Rosmini Serbati è nato a Rovereto il 27 marzo 1797, da una ricca famiglia, di cui era destinato a diventare l’erede universale. Era di ingegno e di intelligenza brillantissima. Si convinse ben presto che l’unica sapienza e la vera grandezza dell’uomo stanno in Dio, cioè nel conoscerlo e nel dedicare tutte le proprie forze alla sua gloria lavorando per la salvezza del prossimo.

Impostò la propria vita come un esercizio ascetico con l’obiettivo della costante purificazione dell’anima dal male e dell’acquisizione del bene, cioè dell’amore a Dio e agli altri. Questo per lui si configurò principalmente come attività intellettuale: illuminare razionalmente e istruire i cristiani (di ieri e di oggi).

Diventò sacerdote nel 1821 e solamente due anni dopo fu lo stesso Pio VII ad incoraggiarlo nello studio della filosofia, per il quale aveva una straordinaria capacità e inclinazione. E poco tempo dopo il successore Pio VIII gli diede quasi una missione ufficiale: quella della “carità intellettuale”. Di che si trattava? Il Rosmini, secondo il Papa, doveva continuare a studiare e a scrivere con l’obiettivo dichiarato di “condurre gli uomini alla religione mediante la ragione”.
Ebbene egli prese sul serio questa missione affidatagli dal vescovo di Roma, e possiamo dire che la portò avanti con massimo impegno fino alla fine della vita. Le opere che seguirono, frutto di questo impegno, ebbero l’approvazione entusiasta e anche l’ammirazione di altri uomini di cultura che primeggiavano nel panorama accademico del tempo, quali il Galluppi, Tommaseo, Manzoni
e il Gioberti.

Grande amico e benefattore di Don Bosco

Il Rosmini non fu soltanto un grande studioso e autore di ponderosi volumi di filosofia, ma anche un fondatore di ordini religiosi quali: l’Istituto della Carità (nel 1828), una nuova famiglia religiosa da
lui voluta grandemente, e in seguito nel 1832 delle Suore della Provvidenza. Due famiglie religiose, impegnate specialmente nel campo scolastico, cioè della “carità intellettuale”, che ebbero un grande sviluppo.
Ma non solo trovava il tempo di studiare e di scrivere, ma anche di coltivare le amicizie. Molto importanti, tra le tante, sono state quelle col Manzoni e con Don Bosco. Il Rosmini e Don Bosco non solo si conobbero, ma si apprezzarono vicendevolmente. Ci fu insomma una sincera amicizia tra i due. Venne a Torino-Valdocco a fare visita a Don Bosco, e quest’ultimo ricambiò la cortesia recandosi a Stresa (1847 e 1850), dove l’abate risiedeva preferibilmente. Ambedue lavoravano per la “gloria di Dio”, l’uno principalmente con lo studio approfondito di tematiche filosofiche e politiche, l’altro dando un mestiere ed un po’ di speranza a tanti giovani sbandati della Torino dell’800 con la sua incipiente industrializzazione. Strade diverse, metodologie differenti, unico obiettivo.

Ambedue “facevano” l’Italia aiutando la società italiana a rigenerarsi, sia intellettualmente sia professionalmente e socialmente.
Il Rosmini e i rosminiani furono generosi con Don Bosco: senza il loro aiuto l’opera salesiana a Valdocco avrebbe avuto uno sviluppo molto diverso e probabilmente molto più lento. Un esempio: la prima tipografia che Don Bosco volle, che funziona ancora oggi e che stampa la presente Rivista di Maria Ausiliatrice, fu messa su con l’aiuto diretto del Rosmini.

Ma dal 1841 cominciarono per il Rosmini le difficoltà. Queste arrivarono con le aspre critiche ad alcune sue opere. Don Bosco dal canto suo difese quando e quanto poté il suo amico anche davanti a forti pressioni. E quando si trattava della ristampa della sua Storia d’Italia, qualcuno gli suggerì di correggere il lusinghiero elogio che faceva del Rosmini. Don Bosco si rifiutò confermando così la sua stima verso l’amico. Di lui conservò sempre un ottimo ricordo scrivendo: “A me non fece che del bene, e materiale con le sue elemosine, e morale con la edificazione che diede a me a ai miei giovani”.

Tanta era la stima che godeva il Rosmini che il Papa Pio IX (Beato anche lui) voleva addirittura farlo cardinale e Segretario di Stato. Non si fece niente. Anzi, subito dopo cominciarono i guai con la condanna del celebre scritto Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. Il libro non fu capito: era infatti un profeta che vedeva più avanti degli altri. Alcune sue intuizioni infatti verranno riscoperte e riprese nel Concilio Vaticano II, cioè più di cento anni dopo.

Il Rosmini non protestò per la condanna, ma si sottomise al giudizio degli uomini di chiesa di allora (meno intelligenti di lui) e si ritirò a Stresa, dedicandosi interamente agli studi, alla preghiera e a seguire le sue famiglie religiose. Al Manzoni, che lo assisteva sul letto di morte, quasi come testamento spirituale raccomandò tre compiti: “Adorare, tacere, godere”. Era l’offerta totale della sua vita ai disegni della Provvidenza. Morì il 1º luglio 1855.
                                                                                                    MARIO SCUDU sdb

Le sei Massime del Rosmini

1 - Desiderare unicamente e infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto.
2 - Orientare tutti i propri pensieri e le azioni all’incremento e alla gloria della Chiesa di Gesù Cristo.
3 - Rimanere in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene per disposizione di Dio riguardo alla Chiesa di Gesù Cristo, lavorando per esse secondo la chiamata di Dio.
4 - Abbandonare se stesso nella Provvidenza di Dio.
5 - Riconoscere intimamente il proprio nulla.
6 - Disporre tutte le occupazioni della propria vita con uno spirito di intelligenza.

Sette pensieri del Beato Rosmini

1 - Tutti i cristiani, cioè i discepoli di Gesù Cristo, in qualunque stato e condizione si trovino, sono chiamati alla perfezione, perché sono chiamati al Vangelo, che è legge di perfezione. A tutti ugualmente il divino Maestro disse. “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
2 - So per ragione e per fede e sento con l’intimo spirito, che tutto ciò che si fa, o voluto o permesso da Dio, è fatto da un eterno, da un infinito, da un essenziale amore”.
3 - Mi trovo sospeso tra il mondo della vanità e il mondo della verità.
4- Ciò che rende cari a Dio è la giustizia. Dunque il cristiano deve domandare incessantemente di diventare sempre più giusto, sempre più buono.
5 - Il discepolo di Cristo impara poi che, quanto è ragionevole abbandonarsi interamente nelle mani amorose di Dio, altrettanto è stolto confidare in se stesso. L’uomo è debolissimo, e neppure in minima parte può alterare il corso che Dio ha stabilito per ciascuna cosa nell’universo...
6 - Il cristiano ha un segno certo per conoscere se manca alla piena fiducia comandata dal Vangelo nella provvidente cura del Padre suo che è nei cieli. Esamini se stesso e veda se prova in cuore qualche preoccupazione circa i beni e i mali del mondo: se è sempre pienamente tranquillo, pienamente riposato e disposto a tutto in ogni avvenimento, o se si sente crucciato e preoccupato di cose umane, per il successo delle quali soffre agitazione, e se, come uomo di poca fede, spera troppo e teme troppo, cioè vacilla continuamente.
7- Il cristiano deve camminare sempre nella luce, mai nelle tenebre.

Don Bosco sull’amico Rosmini

“In quanto all’ottimo sig. Rosmini pareva che la proibizione dovesse deteriorare la grande sua fama, e nol fu. L’abate Rosmini... si mostrò filosofo profondamente cattolico colla sommessione, mostrò essere coerente a se stesso, e che il rispetto tuttora professato alla cattedra di Pietro son fatti e non parole. Le quali cose non sappiamo dire di altri distinti personaggi che un tempo altresì primeggiavano...

Per me ho sempre nutrito e nutro tuttora la più schietta e leale venerazione per l’Istituto della Carità e pel veneratissimo suo fondatore” (così scriveva Don Bosco ad un padre rosminiano, nel 1849, a pochi mesi dalla condanna pontificia di due sue opere).

IMMAGINI:

1 Antonio Rosmini in un ritratto giovanile.
2 Un suo grande amico Alessandro Manzoni
3 La statua del filosofo roveretano nei giardini di Porta Venezia a Milano.
4 Ritratto del Rosmini, di F. Hayez.
5 Il Sacro Monte Calvario di Domodossola, dove Rosmini salì nel febbraio del 1828 e fondò i suoi due istituti religiosi.
6-7 La tomba di Rosmini e il collegio rosminiano a Stresa.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2008 - 7

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